È bene
dire subito quello che non abbiamo voluto fare: non abbiamo voluto
aggiungere l'ennesima rivisitazione di Carmen a una lista di
lunghezza leporelliana.
Non abbiamo cercato di rielaborare la
partitura di Bizet secondo questo o quel canone, e della vicenda
raccontata da Merimée, già straordinariamente riplasmata
da Meilhac, Halévy e Bizet nel capolavoro che tutti conosciamo,
abbiamo mantenuto solo il sapore: quello dell'inevitabilità della
passione, quando si coniuga con una carnalità che va oltre
il mero desiderio.
Per il resto, Carmen ci è apparsa piuttosto come l'origine
di un pensiero musicale ed insieme spettacolare: gesti sonori forti
che sono luce ed ombra ad un tempo, e non lasciano spazio alle
sfumature.
Gesti che sono immediatamente danza, e una danza che,
al di là delle singole scelte e delle predilezioni, è in
qualche modo connaturata alla sostanza stessa dei personaggi e
della loro storia.
Trattando
Carmen come l'origine di un pensiero musicale e di un gesto coreutico è stato
quasi immediato il concepire l'intera produzione come si trattasse
di un mosaico: il fiume che dalla sorgente si estende fino alla
foce in un delta sempre più ampio.
Pur sotto la nostra supervisione musicale, tutti coloro che hanno
preso parte al lavoro sono stati lasciati liberi di rileggere musica
e trama, di dire, in certo senso la loro. L'intenzione chiara era
quella di interpretare musicalmente la partitura di Bizet, anche
lasciandola solo come eco lontana, persino abbandonandola, come
fosse vista attraverso un caleidoscopio, e le lenti sono quelle
dell'elettronica, del trattamento digitale dei suoni, della rielaborazione
dei timbri e dei colori, che proprio l'elettronica oggi permette.
Siamo tornati, proprio grazie all'elettronica, alla materia prima
del suono, quasi fosse creta. A ciascuno di noi il compito di modellarla,
ben chiara, comunque, la fonte. Per questo ci siamo avvalsi della
grande esperienza di un sound designer come Damiano Meacci, e al
tempo stesso abbiamo spronato tutti i compositori che hanno collaborato
con noi - Lorenzo Agnifili, Remo Baldi, Alberto Fiori, Raniero
Gaspari, Lorenzo Meo, Giulia Monducci, Simone Santini - a cercare
una sorta di multidentità sonora, che non fosse subito riconducibile
a questo o a quello degli stili dell'elettronica moderna (dal chillout
alla house).
Apparentemente sembrerebbe che la coerenza non fosse il primo dei
nostri obiettivi, invece, è proprio perché in Carmen
viene descritta giá la convivenza di una diversità,
di cui la musica di Bizet si fa specchio e tramite, che ci siamo
orientati nella direzione di una partitura scritta a più mani.
Il risultato finale è un lavoro ricco e imprevedibile dal
punto di vista sonoro, ritmicamente incalzante e timbricamente
spesso fuorviante, ma mai eclettico.
Sintetizzatori,
virtual instruments, fusioni analogico-digitali, questo il mondo
sonoro della nostra Carmen.
In questo ordito musicale prende corpo la scena, che rappresenta
l’oggi, il presente, un presente nel quale la vita di Carmen
si svolge con inalterata passione. Il pubblico la vede danzare,
così come tutti coloro che hanno avuto una parte nella
sua vicenda. La danza costituisce l'altro fil rouge che
riconduce all'originale, per poi dipanarlo e allontanarsene. È una
danza hip-hop, ma non solo: è contemporanea, è break, è,
così come l'universo sonoro di cui abbiamo parlato, altrettanto
poli-idiomatica, tanto nel movimento del singolo, quanto in quello
dei gruppi.
Il germoglio dell'idea originale ha preso via
via forma grazie al quotidiano confronto e scambio di idee, sensazioni,
visioni con il regista e coreografo Arturo Cannistrà e
con Denis Di Pasqua, che ha coordinato e curato le coreografie
degli street dancers e free stylers. Così la coreografia
ha preso corpo dall'ispirazione musicale e la musica ha tratto
ispirazione dalle potenzialità coreografiche: è stata
una splendida e indimenticabile esperienza di lavoro d'equipe
a conferma del fatto che la creatività, per potersi esprimere,
ha sempre bisogno d'entusiasmo e molto spesso deve essere accompagnata
da una buona dose di cosciente coraggio. Infine, le voci che
raccontano, suggeriscono, ricordano, sono quelle di Gabriele
Duma e Antonella Franceschini, il cui prezioso apporto narrativo
ha completato questo nostro lavoro, accolto con entusiastico,
emozionante consenso dal numeroso pubblico presente alla prima
rappresentazione assoluta che si è tenuta il 1 aprile
2008 al Teatro Comunale di Bologna.
Fabrizio Festa e Riccardo Puglisi
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